Uno spettacolo che conferma l’alto profilo della rassegna proprio perché interroga questi testi, da intendersi nell’accezione più ampia del termine, fornendone risposte non univoche. La chiave di volta è senz’altro costituita dalla direzione attenta, calibratissima, lungamente meditata di Giacomo Sagripanti, che parte proprio dalla definizione di ‘oratorio’, scelta in occasione della creazione parigina dell’opera nel corso della Settimana Santa: filiazione, certo, di quella napoletana come ‘azione tragico-sacra’, ma secondo una prospettiva ancora più ampia. Nelle mani del direttore abruzzese, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI di straordinaria compattezza e fluidità, Moïse diventa un bassorilievo marmoreo punteggiato dai momenti ‘sublimi’ – per impiegare la terminologia impiegata da Ilaria Narici – in cui figura l’intervento del soprannaturale.
The Rossini Opera Festival had planned a new production of Moïse et Pharaon for its 2020 edition, which was disrupted by the pandemic. Instead, it opens this year’s festival. Director Pier Luigi Pizzi had a whole year to rethink his staging, which has ended up changing considerably. Scenes are minimalistic and elegant, in pure Pizzi style, Massimo Gasparon's lighting playing a big role in shaping the images. Costumes are colour coded: the Egyptians in blue and purple; the Jews in white and Earth tones. Videos on the back of the stage gave life to the most spectacular events: the plagues of Egypt, the destruction of the great pyramid, and the parting of the Red Sea.