Maddalena e Giovanna sono impersonate da Camilla Antonini, voce mezzosopranile ben calibrata e spigliata attrice, che come Maddalena ha modo di esprimersi maggiormente nel ben realizzato terzetto.
Lodevoli pure lo Sparafucile in tenuta da mafioso “stile Gomorra” con tanto di pelliccia (ecologica, sia chiaro) di Carlo Andrea Masciardi e la duplice Giovanna e quindi Maddalena di Camilla Antonini.
il Principe Orlofsky viene tratteggiato con garbata ricercatezza dal mezzosoprano Camilla Antonini
il Principe Orlofsky viene tratteggiato con garbata ricercatezza dal mezzosoprano Camilla Antonini
Maddalena e Giovanna sono impersonate da Camilla Antonini, voce mezzosopranile ben calibrata e spigliata attrice, che come Maddalena ha modo di esprimersi maggiormente nel ben realizzato terzetto.
Lodevoli pure lo Sparafucile in tenuta da mafioso “stile Gomorra” con tanto di pelliccia (ecologica, sia chiaro) di Carlo Andrea Masciardi e la duplice Giovanna e quindi Maddalena di Camilla Antonini.
Fra i cantanti citiamo prima di tutto il mezzosoprano Camilla Antonini (secondo noi, potrebbe cantare efficacemente anche tutti i ruoli da soprano-falcon) che ha saputo dare vivacità e vocalità appropriata al personaggio di Angelina, la Cenerentola dell’opera: attrice di buona scuola, si è fatta apprezzare soprattutto vocalmente: da noi attesa con curiosità per il rondò finale, Nacqui all’affanno e al pianto, vera aria di bravura, ha soddisfatto le nostre aspettative, senza strafare nelle agilità ma adattandole con ottima tecnica alle proprie specifiche caratteristiche.
Mattatore della serata è stato il basso centese Alberto Bianchi Lanzoni (foto a sinistra), un vero e proprio “animale da palcoscenico”, che dall’inizio alla fine ha dominato la scena e che con la sua ‘verve’ e con la sua voce, potente e flessibile allo stesso tempo, ha delineato come meglio non si potrebbe il difficile personaggio di don Magnifico, un tipico esempio di basso buffo dell’opera napoletana, che però Rossini voleva con la voce di basso vero.
Tra loro si distinguono Camilla Antonini, Zita assai credibile
L’esecuzione, integrale e nella versione originale in tre atti, era affidata all’Ensemble Barocco dell’Orchestra Filarmonica del Veneto diretta con proprietà e grande gusto dal M.° Fabrizio Da Ros. Ottimo in particolare il giovane clavicembalista Michele Vannelli. Ilaria Zanetti (Eugenia) mostrava una grande partecipazione emotiva ed un indubbio talento comico (divertentissimi gli scoppi di pianto isterico disseminati qua e là durante l’opera) ma la voce era aspra e non sempre gradevole. Molto meglio Max Baldan che impersonava Rinaldo con voce chiara e squillante ed acuti saldi, benchè non sempre intonatissimo nei recitativi. Il baritono turco dava vita ad un Nardo con ottima pronuncia italiana e giusta verve vocale e scenica. Giorgia Cinciripi era una Lesbina piccante e di ottima vocalità, mentre Camilla Antonini (Lena) era l’autentica sorpresa della serata per freschezza vocale, movenze da ballerina ed un timbro che puo’ far pensare alla giovane von Stade. Matteo Mezzaro era qua e là eccessivamente caricato, ma sicuro nell’intonazione ed estremamente divertente nella parte del vecchio notaro Capocchio. Completava il cast il buffo Carlo Torriani che raffigurava un Don Tritemio di volta in volta gaudente, arcigno, severo ed elegante con grande varietà d’accenti e sicurezza tecnica. Lo stesso Carlo Torriani curava la regia, tradizionale ma efficace, ambientata, da quanto ci è parso di capire, in un giardino a metà strada tra il palazzo di Don Tritemio e la casa di Nardo. Un giardino decadente con statue rovinate e colonne cadute, quasi a simboleggiare il passaggio ormai imminente dai valori della nobiltà a quelli della borghesia ai vertici dello stato. Tematica che, di lì a pochi anni, Beaumarchais renderà palese nella sua trilogia. Ottima la prova anche del mimo Pierfrancesco Boschin che di volta in volta diventava servitore di Don Tritemio o di Nardo (servitore di due padroni?) ed agiva, in fondo, come autentico deus ex machina di tutta la vicenda. Pubblico non foltissimo, ma applausi convinti al termine dello spettacolo.